Ricorso  del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in
Roma, via dei Portoghesi 12 e' domiciliato;

    Contro  il  Presidente della Giunta della Regione Piemonte per la
dichiarazione  d'illegittimita' costituzionale dell'art. 22, comma 3,
della  legge regionale 4 marzo 2003 n. 2, pubblicata nel B.U.R. n. 10
del  6  marzo  2003,  recante la legge finanziaria per l'anno 2003 in
relazione agli articoli 3, 117, lett. s) e 120 della Costituzione.
    Con  la  legge  in  epigrafe  indicata  la  Regione  Piemonte  ha
approvato   la   legge   finanziaria   per  l'anno  2003,  disponendo
integrazioni  di  entrata  e  di  spesa  derivanti da pregresse leggi
regionali al fine di adeguarle ad esigenze gestionali.
    Tra  gli  interventi  adottati l'art. 22, comma 3, dispone che «i
soggetti   che   gestiscono  impianti  di  rifiuti  urbani,  speciali
assimilati  agli  urbani  e  speciali non pericolosi e pericolosi, ad
esclusione  degli  impianti di messa in riserva, oltre al rispetto di
quanto  previsto  dalla presente legge e dalle disposizioni approvate
dalla  Giunta  regionale, corrispondono ai comuni sede degli impianti
un  contributo  minimo  annuo  di  0,13  euro ogni 100 chilogrammi di
rifiuti  sottoposti,  nell'anno,  alle  operazioni  di  recupero. Gli
impianti   di   recupero   soggetti   al  pagamento  del  contributo,
l'eventuale  articolazione  del  pagamento  del  contributo  tra  gli
impianti  interessati  dal  ciclo  dei  suddetti  rifiuti  nonche' le
tipologie   di  rifiuto  trattati  negli  stessi  sono  definiti  con
deliberazione della Giunta regionale»
    La  previsione  di  un  onere  specifico a carico di soggetti che
recuperano  rifiuti  e'  in  palese  contrasto  con le finalita' ed i
principi  recati  dagli  articoli  2  e  4  del decreto legislativo 5
febbraio  1997  n. 22  che,  in  attuazione  dei  principi comunitari
stabiliti  nelle  direttive  91/156/CEE  e  91/689/CEE, promuovono ed
incentivano il recupero dei rifiuti.
    Va inoltre considerato che l'impianto normativo del decreto n. 22
del  1997  riserva  allo  Stato l'indicazione delle misure economiche
finalizzate  al  riciclaggio  dei  rifiuti  nonche'  tutte  le  altre
iniziative,  anche  economiche, in materia. Tali previsioni risultano
confermate  dall'art. 117,  lett. s) della Costituzione novellata che
individua  la  «tutela  dell'ambiente,  dell'ecosistema  e  dei  beni
culturali» come materia di legislazione esclusiva dello Stato.
    2.  -  L'introduzione  di  una  sorta  di tassa generalizzata sui
quantitativi   di   rifiuti  recuperati  in  Piemonte,  probabilmente
finalizzata   a   superare  difficolta'  frapposte  dai  comuni  alla
localizzazione degli impianti di recupero nel loro territorio, appare
inoltre non conforme a ragionevolezza e discriminante sul piano della
concorrenza.
    Quanto  alla  ragionevolezza  va  messo in luce che la disciplina
nazionale dei rifiuti (cfr. in particolare l'art. 4, commi 1 e 2, del
decreto  legislativo  n. 22 del 1997), sulla scorta delle indicazioni
provenienti dall'Unione europea, tende ad incentivare il recupero dei
rifiuti  proprio attraverso l'assoggettamento di tali materiali ad un
percorso produttivo che li assimili alle materie prime. Riproporre in
sede   regionale   -  al  livello  del  soggetto  recuperatore -  una
discriminazione   economica  tra  processi  produttivi  comporta  una
reviviscenza  di  un atteggiamento normativo del tutto superato dalla
legislazione  europea  e  nazionale,  nel  quale la manipolazione dei
rifiuti   deve   costituire   sempre   e   necessariamente  un  costo
(possibilmente collettivo). Altresi' incongrua appare la disposizione
laddove  individua  tale  costo  in  una  misura determinata solo nel
minimo,   senza  indicazione  di  parametri  razionali  cui  ancorare
l'effettiva  quantificazione  dell'onere  a  carico  dell'impresa che
recupera rifiuti.
    Sotto altro profilo la legge regionale del Piemonte, introducendo
una  tassa  sulle  sole imprese che operano nel territorio regionale,
altera la concorrenza che dovrebbe regolare i rapporti tra le imprese
nazionali che, utilizzando come materia prima i rifiuti adeguatamente
trattati,   producono   nuovi   beni   e  servizi.  La  questione  e'
particolarmente  rilevante nel momento in cui tali beni, prodotti dai
rifiuti,  hanno  una  destinazione  generale  al mercato europeo e le
tecnologie  necessarie  per  produrli  dovrebbero confrontarsi con un
mercato   per  quanto  piu'  possibile  non  alterato  da  interventi
discriminatori e/o protettivi.